2023 03 tuseipopolo1Questione di sguardi

Mi piace pensare e cercare di vivere la quaresima come un tempo “speciale”, in cui lo sguardo misericordioso di Dio si posa ancora una volta sulle nostre vite. Questo tempo liturgico ci esorta a rinnovare il cuore, perché possiamo allargare lo sguardo e accorgerci che siamo cercati da Lui. Apparteniamo a un Dio che si fa cercatore dell’uomo, con ogni mezzo, affinché il nostro sguardo incontri il Suo, che è quello amorevole di un Padre che non perde di vista la crescita e il bene del proprio figlio.

Abbiamo iniziato questo tempo forte della Quaresima con la Parola che ci invita alla conversione, cioè a volgere lo sguardo al Signore, per darne la giusta direzione, né troppo centrato su noi stessi, né troppo basso da non vedere nessuno, né troppo in alto da vedere ciò che sta sulla nostra testa e non accorgerci di ciò che ci sta intorno. Allora: Signore, insegnami a guardare come mi guardi Tu, insegnami a guardare con misericordia la vita mia e degli altri, insegnami la via della riconciliazione e fammi conoscere il tuo amore, Tu che sei Misericordia.

Guardare con misericordia

Guardare con misericordia certamente non è lo sguardo buonista che giustifica senza far crescere, nascondendo responsabilità mancate, che hanno causato disagi e sofferenza. È un perdono creativo, è l’amore che va oltre la giustizia, è “grembo materno” che genera gratuità di vita, fiducia nelle potenzialità che ci sono nell’altro, ma che ancora non sono visibili.

È possibile fare questa esperienza con Dio quando apriamo la nostra vita e ci lasciamo guardare da Lui, che è pronto a donarci il suo perdono, sentendoci amati nella nostra creaturalità vulnerabile. Noi viviamo immersi nella misericordia, la stessa creazione diventa voce silenziosa del Dio di misericordia, e potremmo non rendercene conto; ma quando ciò accade, Dio fa festa in cielo! Ce lo dice Gesù nel Vangelo, nella pericope del pastore che ritrova la pecorella smarrita e tutto contento se la mette sulle spalle, o ancora, la donna che ritrova la moneta perduta e ritrovatala fa festa con le amiche (Lc 15,4-10). La gioia della festa la sperimentiamo, perché permettiamo a Dio di ritrovarci quando ci perdiamo nel nostro peccato, lungo le strade della vita, e Gli consentiamo di manifestare la pienezza della Sua paternità, per riscoprirci figli amati.

Può succedere che non sempre siamo pronti a mostrare il biglietto dell’invito alla festa, cioè l’onestà di riconoscerci peccatori e così accedervi, accogliendo la misericordia del Padre. La paura di non ritrovarci nel gregge delle novantanove pecorelle che non si sono perse, o il giudizio con cui noi stessi ci “condanniamo”, sentenza che di sicuro non emette il Padre, non ci consente di fare la verità in noi e mostrarci per ciò che siamo: peccatori amati e redenti. San Francesco in uno dei suoi scritti dice: “Quanto l’uomo vale davanti a Dio, tanto vale e non di più” (FF 169, Am XIX, 2). Spesso ci sfugge l’immenso valore che siamo per Dio, che è disposto a fare festa per ognuno di noi che lo accoglie nella propria vita. Siamo figli attesi da un Padre che mette ogni giorno, nelle nostre mani, il “dono di un giorno nuovo”. Un tempo scandito dal ritmo delle ore, che contiene un perdono sempre nuovo, personale e creativo, ma anche discreto, e silenzioso. È così discreto che rischiamo di non accorgercene e lo diamo per scontato, come per esempio può succedere nel vivere con superficialità il perdono che riceviamo nella celebrazione eucaristica, nel rito penitenziale e nello scambio della pace. Dio ci attende sempre e ci dona misericordia.

Quando vogliamo bene a una persona, se l’abbiamo ferita, o il nostro comportamento non è stato dei migliori, sentiamo il bisogno di chiedere scusa e nell’accogliere perdono e fragilità, ci si riconcilia e si sperimenta la gioia di una relazione ritrovata…. ed è festa!

Sentire il bisogno della riconciliazione è divenire coscienti dell’amore che ci abita, sapendo che solo Dio ci può riconciliare profondamente, con noi stessi e con il prossimo.

2023 03 tuseipopolo2La festa della riconciliazione

Grazie al dono del sacramento della riconciliazione, il perdono di Dio manifesta la sua forza creatrice rendendoci nuovi. È la creazione che continua nel tempo, è l’abbraccio del Padre che ci rinnova, ci dona vita nuova, infatti sacramento significa comunicazione di vita, veniamo ri-creati dalla misericordia di Dio.

Il sacramento della riconciliazione a volte può risultare un po’ antipatico e vissuto male, perché ingabbiato nel termine vecchio di “confessione”, che ci riporta alla mente l’elenco dei peccati da dire. Con l’ultima riforma nel Concilio Ecumenico Vaticano II non si parla più di confessione ma di “sacramento della riconciliazione” o della penitenza intesa come conversione di vita. Punti centrali del sacramento sono l’ascolto della Parola di Dio, che ci dice quanto è grande il Suo amore e l’imposizione delle mani da parte del sacerdote, che significa una nuova effusione dello Spirito di vita, che consente alla persona di vivere secondo la Parola ascoltata.

Quanto è bello prepararsi a questo sacramento con il desiderio di un incontro. È scoprire e riconoscere prima di tutto le meraviglie che il Signore compie nella nostra vita, quei doni che riceviamo ogni giorno, come aprire gli occhi a un giorno nuovo, il dono della salute o la forza di affrontare malattie, disagi e fatiche, il dono delle amicizie, della famiglia, delle persone care. Un elenco che, a rifletterci, sarebbe lunghissimo, ma che troppo spesso diamo per scontato, e cerchiamo qualcos’altro che forse non riusciremo a vedere, rimanendo in una visione opaca della vita, perché è la gratitudine che dona luce, anche nei momenti bui. Allora è importante iniziare il sacramento della riconciliazione rendendo lode al Dio della vita.

Un aspetto da tenere in considerazione è il rischio di privatizzare l’esperienza penitenziale. Ci può essere la pretesa di fare da soli: “me la vedo io con il Signore, nel segreto della mia coscienza”, bypassando la mediazione sacramentale che mi dona l’assoluzione.

Questo è un atteggiamento che contrasta con la dimensione di fede comunitaria, per la quale ogni cristiano è chiamato a rispondere con responsabilità, della propria vita e in relazione con quella dei fratelli e delle sorelle. Ogni comunità, religiosa, parrocchiale, familiare che sia, non può crescere e vivere se non in una logica di perdono, perché è l’unica via storica della comunione.

Dobbiamo riconoscere nella fede che un sottile vincolo ci lega, nel bene e nel male, virtù e peccati, perché siamo figli dello stesso Padre e dunque fratelli. Perciò non esiste male che non mi riguarda o che in qualche modo non ne abbia parte. Il cammino di fede ci dovrebbe aprire sempre di più alla dimensione comunitaria, perché non possiamo pretendere di sapere tutto di noi, c’è bisogno della relazione con l’altro, perché nel confronto scopro aspetti di me che sfuggono a me stesso, peccati che non riesco a riconoscere da solo. “Un buon conoscitore di sé è sempre una persona molto umile e intelligente: sa ascoltare e si lascia correggere e impara a ridere di sé” (A. Cencini). Imparare l’accettazione reciproca è la via privilegiata per costruire comunità, sentendoci peccatori riconciliati, aperti a ricevere il perdono e anche a saperlo dare.

Gesti concreti, gratuiti, umili, buoni e sinceri

Dopo aver vissuto il sacramento della riconciliazione è importante far seguire gesti concreti, saper esprimere il perdono che voglio dare e imparare a dirlo con lo stile di Dio. Il perdono è un gesto gratuito, non dipende dalla richiesta dell’altro e neppure dal suo pentimento. Chi perdona “anticipa” tutto questo, sa fare il primo passo e non pone condizioni. Il perdono è un gesto umile che non umilia, discreto e silenzioso, si manifesta con la mitezza. È anche un modo di fare che esprime bontà e non si scandalizza della miseria altrui, perché si ricorda di essere stato perdonato. Il vero perdono è sincero, crea comunione e riconosce il bisogno che si ha dell’altro.

È importante ricordarci che il perdono non è mai solo da dare ma anche da chiedere, coltivare quella trasparenza interiore per poter dare al nostro perdono uno stile semplice e generoso, con la consapevolezza reale che perdonare non è sempre facile, a volte è quasi impossibile, perché ognuno si porta la fatica delle proprie ferite. È nel riconoscere la propria fatica che ci apriamo alla supplica, chiedendo a Dio: “Signore, insegnaci a perdonare!”, ritrovandoci ancora una volta a partecipare alla festa del Padre Misericordioso, che apre le braccia accogliendoci con tenerezza.

Buon cammino di Quaresima a tutti voi.

Sr. Romina


Articolo pubblicato sul mensile insieme di marzo 2023.