Celebriamo in questa domenica la Giornata Missionaria Mondiale (GMM) guidati dallo slogan “Cuori ardenti, piedi in cammino”, che ci rimanda al brano biblico dei discepoli di Emmaus. Due discepoli che camminavano tristi, delusi dalle promesse del Maestro che non si sono realizzate. Poi d’improvviso l’incontro con un viandante sconosciuto che li ascolta e poi li scuote, narrando loro delle grandi opere di Dio nella storia e di Gesù, inviato a parlare di speranza e di amore. Increduli, sentono i loro cuori scaldarsi, quasi a recuperare un senso perso, una speranza che si riaccende, una luce nuova sulle stesse vicende della vita.
Il viandante decide di condividere con loro la mensa, perché la parola non basta. Occorre nutrirsi dallo stesso piatto, condividere quel che si ha, nel bene e nel male. Il Risorto era là con loro. Si aprono gli occhi e con i cuori ardenti si rimettono in cammino. Ora, da discepoli diventano apostoli. Il buio della notte non fa paura, perché c’è luce nel cuore. Sanno chi sono e qual è lo scopo della loro fede: annunciare a tutti l’incontro con Cristo.
Essere discepoli e missionari è il compito di tutti noi battezzati. La GMM non è dedicata ai preti e suore che vanno “in missione”, ma ci ricorda che ogni chiamata implica una missione. Ogni battezzato ha ricevuto questo grande dono anche per annunciarlo, non per custodirlo.
La missione è quella di farci compagni di viaggio, di ascoltare le gioie e le tristezze di quanti incontriamo e di ridare un po’ di speranza, di luce, di futuro a ciò che sembra tinto di morte, di solitudine, di abbandono. Non importa se questo lo si fa qui in città o in qualche paese lontano. Se sapremo entrare col cuore e con la mente in quel che succede in Guatemala (che è la terra del nostro progetto missionario annuale) vivremo la missionarietà senza spostarci da Berna. Se porteremo ogni giorno nella nostra preghiera la richiesta della pace nel mondo, sentiremo che Palestina, Israele, Russia, Ucraina, Siria Afganistan, e così via, ci appartengono, sono parte di noi e hanno bisogno di una parola di speranza da parte nostra.
Essere missionari vuol dire scaldare i cuori. Vuol dire “prendersi cura di” tutti e di tutto. E non mancano le occasioni, perché tra guerre, pandemie, disoccupazione, violenza, omicidi, e via di seguito, si sta diffondendo un forte individualismo e una paura generalizzata. Come cristiani abbiamo una grande missione: portare speranza per il futuro. Tornare a parlare di comunità. Condividere quel che abbiamo con chi ha di meno. Tutto questo, e molto di più, é vivere il nostro battesimo.
Buona domenica
P. Antonio
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