Abbiamo bisogno di consolazione e abbiamo bisogno di chi la annuncia.
Basta con gli annunciatori di male, di odio, di violenza e di vendetta. Basta con i messaggeri di brutte notizie. Vogliamo gli annunciatori di liete notizie, di quelle che parlano direttamente al cuore. Queste si, che dovrebbero essere gridate in tutte le piazze, sui social, nei telegiornali, nelle chiese, nei parlamenti.
Ognuno lo può fare, non servono diplomi particolari, ma solo occhi di speranza, anche davanti alle tempeste della vita. Lo ha fatto Gino Cecchettin, padre di Giulia, con parole che non mi sarei mai aspettato nel giorno del funerale di una figlia. Ha usato parole di speranza e di rinascita, pur trovandosi davanti alla morte. Ha desiderato nuovi rapporti tra le persone – a cominciare dagli uomini - ha ricordato ai genitori qual è l’obiettivo fondamentale nell’educazione dei loro figli; ha indicato alla scuola il suo ruolo educativo; ai media ha chiesto responsabilità nell’informazione; alle istituzioni politiche di saper unire le forze mettendo da parte gli interessi di partito… almeno davanti a certi temi!
Ecco un messaggero di pace. Non serve in questi giorni cercare altri esempi. È il miglior commento alla parola di Dio di questa seconda domenica di Avvento.
“Io non so pregare”, ha detto Gino, “ma so sperare: ecco voglio sperare insieme a te e alla mamma, voglio sperare insieme a Elena e Davide e voglio sperare insieme a tutti voi qui presenti: voglio sperare che tutta questa pioggia di dolore fecondi il terreno delle nostre vite e voglio sperare che un giorno possa germogliare. E voglio sperare che produca il suo frutto d’amore, di perdono e di pace”.
Ditemi voi se questa speranza non è una preghiera che sale a Dio dal profondo del cuore di un uomo per il bene di tutti.
Buon cammino di Avvento
P. Antonio
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