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Immagine del redattorePadre Antonio Grasso

Quando le parole generano vita

Domenica scorsa abbiamo celebrato la “Domenica della Parola”. Papa Francesco da qualche anno ha chiesto a tutte le comunità di mettere al centro la parola di Dio. Non lo facciamo certo dedicandole una domenica all’anno, ma anche questo serve – come un campanello – a ricordarci ciò che è importante.


È la parola di Dio che ci guida. È la parola che illumina i nostri passi. È la parola che ci rende migliori, perché è per il nostro bene e per il bene dell’umanità.


Se ascoltiamo e mettiamo in pratica la parola di Dio siamo come un uomo saggio che ha costruito la sua casa sulla roccia e non sulla sabbia. Perché arriveranno nella vita le difficoltà, i problemi, le prove… ma non cadremo, resteremo saldi, perché la parola di Dio è sempre per il nostro bene e ci aiuterà a fare discernimento, cioè a distinguere il bene dal male.


La difficoltà che oggi abbiamo è quella di dare il giusto spazio alla parola rispetto alle “parole”. Scriviamo e ascoltiamo tante parole. Riusciamo a dare il giusto valore a quella di Dio o è alla pari di tutte le altre?


Forse alcuni di voi hanno visto il film: “Il codice da Vinci”. Ricordo che una persona, dopo aver letto il libro e visto il film mi ha detto: “Padre nella Bibbia c’è scritto così, ma nel Codice da Vinci ho letto che…”. Insomma: un romanzo per questa persona aveva lo stesso valore della Bibbia. Questo è il problema oggi: il relativismo delle parole e della Parola. Sono tutte uguali, nessuna è più importante delle altre.


Nelle letture di questa domenica il tema della Parola di Dio torna ancora con forza. È una parola autorevole. Nella prima lettura abbiamo ascoltato che Dio sceglie un profeta. Il suo compito è di “parlare in nome di Dio”. I profeti non sono maghi del futuro, che leggono in una sfera di cristallo quello che capiterà. I profeti, come dice la parola stessa, “parlano a nome di Dio”. Ecco perché abbiamo ascoltato che non devono usare in modo sbagliato questo “potere” che hanno. Il secondo comandamento dice: “Non nominare il nome di Dio invano”. Usare male la sua parola e far dire a Dio quello che noi vogliamo è un non rispettare il comandamento e abusare di Dio.


Se un genitore o un prete o un catechista, per costringere un bambino ad obbedire alla sua volontà la presenta come volontà di Dio e gli dice: “Dio ha detto che bisogna fare questo…” oppure dice: “Se non fai questo Dio si offende”, sta abusando del nome di Dio!


La parola di Dio porta sempre al bene della persona, non a renderla schiava. La parola di Dio libera, sana, guarisce. Nel Vangelo di oggi leggiamo che la parola di Gesù guarisce l’uomo posseduto da uno spirito impuro. È una parola forte, insegnata con autorità, perché non è vuota. Realizza quel che dice. In italiano diciamo a volte che uno “predica bene e razzola male”, cioè che parla bene ma poi non fa quel che dice. “Non come gli scribi”, dice l’evangelista Marco nel vangelo, perché anche loro sono accusati da Gesù di parlare bene ma poi non vivono quello che predicano.


La parola di Dio si realizza. È come nella creazione: quando Dio dice, le cose vengono alla vita. Quando Gesù parla, ridona vita, salvezza. Con Gesù è una nuova creazione.

Oggi vediamo come sui Mass Media vengono usate tante parole che uccidono. Li chiamano in inglese “haters”, che è tradotto come “odiatori”, cioè: “Persona che usa la rete, e in particolare i social network, per esprimere odio o per incitare all'odio verso qualcuno o qualcosa”.


Questo modo di usare la parola provoca morte. Dio invece ci insegna che la sua parola genera vita, per questo è un insegnamento nuovo.


Il nostro progetto pastorale è dedicato al “prendersi cura”. Per prenderci cura di noi stessi, del prossimo, di Dio e del creato, dobbiamo imparare parole belle, che generano armonia, salvezza, che portano alla riconciliazione, alla pace in noi e attorno a noi.


Che lo Spirito ci illumini. 


P. Antonio

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