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Superare la presunzione

Immagine del redattore: Padre Antonio GrassoPadre Antonio Grasso

A volte le nostre azioni ci isolano dal resto della comunità. Altre volte è la stessa comunità che esclude qualcuno perché non rientra in certi schemi, non si comporta come tutti, non è uguale agli altri.


La tentazione di definire chi è dentro e chi è fuori dalla comunità è sempre presente. Alcuni hanno il potere di includere o di escludere, di integrare o di isolare.


Abbiamo paura della diversità e di chi si presenta diverso da noi nella cultura, nel colore della pelle, nel modo di fare. Ai tempi di Gesù era la stessa malattia un motivo per isolare qualcuno, in quanto queste persone erano considerate impure. Essere malati voleva dire aver ricevuto una punizione da Dio e dunque essere impuri. Ciò comportava una esclusione sia dalla sfera religiosa che da quella civile.


Il brano di Vangelo ci dice che Gesù “ebbe compassione”, che vuol dire: farsi vicino, mettersi in sintonia, ascoltare il dolore, tendere la mano, ripristinare una vicinanza e un contatto.

Il lebbroso del vangelo riconosce in Gesù la persona aperta, capace di guarire e di accogliere. Gli dice: “se vuoi, puoi guarirmi”. E così avviene. Gesù vuole guarirlo, perché per Dio nessuno è escluso.


Oggi l’indifferenza e la paura della diversità ci portano ad escludere tante persone. Dagli stranieri che bussano alle nostre porte, a coloro che in vari modi hanno fatto scelte sbagliate contro qualcuno o se stessi (tossicodipendenza, furti, omicidi).


Se come società e come chiesa chiudiamo le porte, non facciamo altro che condannare definitivamente queste persone. Abbiamo bisogno di credere che si può sempre ricominciare. Dobbiamo dare sempre una nuova possibilità a tutti.


Per fare questo, dobbiamo superare la presunzione di crederci perfetti, intoccabili, puri. In ogni momento e in qualsiasi circostanza, tutti possiamo sbagliare e tutti diventeremo quel lebbroso che implorerà perdono, guarigione, salvezza.


Siccome Dio non esclude dalla salvezza nessuno, riusciamo a imitarlo e a comportarci allo stesso modo nei nostri rapporti interpersonali?


Buona domenica

p. Antonio

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