In questo weekend celebreremo la Giornata mondiale del rifugiato, istituita dalle Nazioni Unite nel 2001 in ricordo dell’approvazione della Convenzione di Ginevra del 1951 sullo statuto dei rifugiati. Questa Convenzione è molto importante perché definisce chi è il rifugiato ed è stata ratificata da moltissimi Paesi del mondo.
Purtroppo vediamo che le leggi e le Convenzioni sono facilmente inosservate, basta interpretarne a proprio vantaggio il testo. In una società matura il concetto di protezione, di aiuto, di solidarietà, di accoglienza dovrebbero essere automatici e parte integrante della sua identità, ma purtroppo vediamo come gli interessi economici e politici hanno la meglio.
Uno Stato che si rifiuta di accogliere è uno Stato che ha paura della diversità, che non sa gestire la complessità, che non confida nelle sue capacità, perché il compito che ha davanti è più grande delle sue forze.

Alla fine, è questo che mettono in evidenza le migrazioni forzate: la debolezza degli Stati, anche di quelli che si definiscono “potenze mondiali”.
Cosa fa di un gruppo di persone un popolo? Molti direbbero: una lingua, un territorio, una cultura… concetti socio-politici limitati perché ne restringono la definizione. Un popolo è prima di tutto l’appartenere alla stessa natura umana. Un popolo di uomini e donne. Un popolo di esseri umani. Un popolo umano.
Dio ci ha creato e costituito come popolo, come famiglia. Non singole entità, ma comunità. Non enti solitari, che vagano nello spazio, ma persone in relazione. Appartenenza, dunque, non lotta contro i propri simili. “Nazione santa” (1 lettura); popolo di salvati nonostante il peccato (2 lettura), non per i nostri meriti, ma per l’immenso amore di Dio in Cristo Gesù. Comunità di discepoli e discepole chiamati per nome (Vangelo) e inviati per una missione importante: predicare l’amore di Dio con segni visibili, quali le guarigioni delle malattie fisiche e spirituali.
Popolo, comunità, famiglia. Al contrario di concetti come: Stati-fortezze, razza pura, sostituzione etnica, tanto amati a certi politicanti.
Non ci sono ricette automatiche per trasformare un gruppo di individui in un popolo. Nel vangelo troviamo però una indicazione: “gratuitamente avete ricevuto, gratuitamente date”. Non è il chiedere, ma il dare la norma nella vita comune. Chi solo prende diventa parassita della comunità. Chi si dona gratuitamente – come Cristo ha fatto nella forma massima e totale – contribuisce a costruire la comunità.
Preghiamo per i migranti morti in mare e lungo tutte le frontiere. Preghiamo per chi questi migranti li incontra nel loro viaggio della speranza, “stanchi e sfiniti come pecore che non hanno un pastore” (Vangelo), affinché ne sentano compassione (e non paura) come Gesù con l’umanità.
P. Antonio G.
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