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Pranzo comunitario a sostegno alle case del Migrante San Jose e Scalabrini

Un’atmosfera così non la si vedeva da qualche anno.


La sala teatro era piena di persone.


Gianni e Mario hanno suonato e un numeroso gruppo di volontari ha coordinato e gestito magistralmente tutto il pranzo comunitario. In questo contesto allegro e familiare è stato presentato quest’anno il progetto missionario “Una casa nell’Esodo - Sostegno alle case del Migrante San Jose e Scalabrini”, che mira a sostenere le due case del Migrante situate in Guatemala, gestite da missionari Scalabriniani.



Il Guatemala, terra ricca dal punto di vista dell’agricoltura, in particolare grazie alla produzione di zucchero e caffè, ma soprattutto terra piena di colori e di sfumature dal punto di vista della fauna e della natura, è anche e al tempo stesso un paese di emigranti, immigrati, migranti in transito verso gli Stati Uniti, di richiedenti asilo e rifugiati, e di un gran numero di persone in una situazione di spostamento forzato (sfollati interni) per cause naturali o per motivi economico-politici.


Grazie a Ludwig, amico guatemalteco presente al pranzo con la sua famiglia, e a Elena, volontaria internazionale ASCS, padre Francisco e padre Matteo, missionari scalabriniani coordinatori delle due case del migrante, collegati dal Guatemala via ZOOM, abbiamo focalizzato l’attenzione sulla situazione socio-economica di questo Paese e abbiamo cercato di comprendere le ricchezze e le sfide.


La migrazione nasce come un fenomeno ingiusto e di costrizione, che di base dovrebbe essere evitato, ma diventa un diritto, come dice san Scalabrini, quando diventa una necessità inevitabile.


Nessuno vorrebbe mai lasciare la propria casa, i propri cari, per partire nell’incertezza e nella povertà eppure guerre, violenze, abusi, calamità naturali, povertà estrema costringono ogni giorno milioni di persone a dover abbandonare il proprio paese in cerca di fortuna o quantomeno di dignità.


Ogni giorno famiglie intere transitano per i paesi dell’America Centrale di passaggio verso gli Stati Uniti in cerca di una vita migliore, degna, per loro e per i familiari pur consapevoli dell’incertezza che implica il lanciarsi verso l’ignoto, le sofferenze, le privazioni e ancor più gli abusi e violazioni ai quali sono sottoposti ad oltranza lungo il cammino. Una volta giunti al confine però si trovano a fronteggiare veri e propri “muri” che hanno l’obiettivo di controllo più effettivo della frontiera per regolare ingressi ed uscite dagli Usa, ma di fatto ottengono l’effetto contrario, ossia una migrazione continua, più di 12.000 morti per incidenti, per la delinquenza, per il deserto, per annegamento o per colpa delle autorità, sì, autorità corrotte, alleate con i narco-trafficanti e i trafficanti di persone. In particolare ogni anno vengono deportati almeno 80.000 Guatemaltechi, e per un riscontro quotidiano, ogni giorno dagli USA arrivano circa 3 o 4 voli charter di 150 deportati e a questo numero si aggiungono gli autobus delle deportazioni terrestri dal Messico.


In questo contesto e sulla scia del quesito posto da san Scalabrini “IO COSA POSSO FARE?”, la Chiesa Cattolica in Guatemala accompagna la realtà migratoria cercando di essere una presenza vicina e sensibile ai migranti e alle loro famiglie. Nel corso degli ultimi anni il servizio pastorale ha creato una rete di centri d’accoglienza e di informazione distribuiti nel territorio, soprattutto nei luoghi di passaggio dei migranti.


La rete di accoglienza, chiamata Rete Ecclesiale di Protezione e Monitoraggio (REPM), cerca di operare soprattutto nei luoghi di passaggio dei migranti, offrendo dei servizi di prima necessità come alloggio, alimentazione, prodotti per l’igiene personale, indumenti, etc.

La presenza scalabriniana offre un apporto significativo dovuto all’esperienza e alle risorse dedicate specificamente al servizio dei migranti e rifugiati; opera attraverso La Casa del Migrante di Tecun Umán, al confine occidentale con il Messico, inaugurata nel 1997, e La Casa del Migrante di Città del Guatemala (CdM.S.G) che presta il suo servizio dal 2007.


La presentazione del progetto missionario si è conclusa con la performance canora di Gianni e di Padre Antonio con la canzone guatemalteca: “Luna de Xelajù”, che ha fatto da cornice a questo momento di condivisione fraterna con lo scopo di far conoscere, anche dal punto di vista culturale e musicale, un paese così lontano da noi ma che se vogliamo, tramite le nostre opere di carità, potrebbe essere così vicino.


Il ricavato del pranzo è stato di CHF 4’000. Continuiamo a sostenere il progetto.

Le donazioni possono essere fatte tramite il sistema TWINT o con il seguente IBAN: CH75 0900 0000 3002 1486 3.


Grazie a tutti.

Cristina D.

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